Allorché si cerca di comprendere l’opera artistica di Guido Falconi, è necessario entrare in una prospettiva che sfugge alle logiche convenzionali, vuoi che sia la mera percezione empirica vuoi la sfera razionale, elementi che pretendono “tout court” di dare una spiegazione completa e organica all’esistente.
Tuttavia non è affatto scontato che tutto ciò che cade sotto i nostri occhi è tutto ciò che compone la realtà di qualcosa, o meglio, tutto ciò che si vede è tutto ciò che c’è da vedere? Più si riflette circa l’opera di Falconi e più ci si rende conto che quello che non si vede è molto più grande di quello che si vede e abbiamo di fronte l’esempio più tangibile di come si può accedere a un soprastato esistenziale incomprensibile dai modelli cognitivi di uso corrente.
Ci si approssima, dunque, a una dimensione ulteriore ove modelli gnoseologici sconosciuti riescono a dare qualche risposta sul senso della vita e sulla destinazione dell’uomo; da qui la definizione “mistica” dell’opera falconiana, intendendo per misticismo non tanto il superamento del reale per approdare nella sfera religiosa, quanto piuttosto un misticismo laicizzante ove le risposte alla problematica dell’esistente giungono in particolare dalla visione ontologica che spinge l’osservatore a una profonda meditazione e a interrogarsi su questioni che, altrimenti, non avrebbero mai varcato la soglia della coscienza.
Paradossalmente, nel porre a confronto opere in apparenza diversificate e senza alcun filo conduttore che possa dare adito a una visione uniforme e omogenea, ci si trova al cospetto di una tematica straordinaria che attraversa le rappresentazioni con una coerenza degna di un trattato di logica. In che senso? Proviamo a osservare alcune linee afferenti alle raffigurazioni artistiche in alcune tra le opere più significative: il primo elemento che si evidenzia e che funge da filo conduttore è quello della genesi: “L’ALBA” non è altro che la nascita, la parte iniziale del giorno che in tutte le tradizioni rappresenta la simbologia che dà origine alla vita, all’esistente, al pensiero, una primavera dello scibile contenente una forma propulsiva che conferisce senso al vissuto. In tal modo l’uomo è cosciente della sua derivazione dalla materia, diviene ciò che è perché è composto di materia, ma è anche un’uscita catartica dalla materia al fine di provare l’ebbrezza di essere “altro”.
Anche “KONSU” nella sua forma divinizzante che rievoca la figura suprema egizia, va interpretato come la sostanza (intesa aristotelicamente) principio che contiene e costituisce “Il Tutto”, figura nella quale si fondono materia e spirito generando quella visione mista al confine tra filosofia e religione che da sempre si dibattono e competono nel dare una spiegazione circa l’origine e il senso della vita. In entrambe le pitture viene rimessa in discussione l’esigenza espositiva nella misura in cui l’autore esce dai limiti imposti dal “quadro” e sconfina nel settore “cornice”, come a voler ripensare e ridisegnare i confini umani giudicati troppo ristretti e limitati nel quotidiano, ponendo in essere un orizzonte che guarda oltre le frontiere imposte dalle barriere della finitezza antropica.
KONSU MAGIA DEI SIMBOLI
Non meno marcato è il concetto di genesi nell’opera “FIRENZE”; tenendo presente che l’orizzonte interpretativo va spostato dall’esistenza alla civiltà, appare inequivocabile il salto di qualità che il territorio italico compie attraverso l’opera dei fiorentini, coloro che più di tutti hanno contribuito a fare dei modelli politici delle vere e proprie forme istituzionali che, pur con qualche variazione inevitabile (mutatis mutandis), hanno conservato la struttura originaria potendo a ragione definirsi i precursori della politica moderna, basti pensare alla struttura comunale e alla tenzone tra Guelfi e Ghibellini, ai Principati che altro non sono che i nostri territori regionali”ante litteram”, non dimenticando i due personaggi che hanno trasformato la politica in una scienza, avviando quel processo che ha condotto alle strutture che abbiamo oggi, entrambi fiorentini rispondenti ai nomi di Niccolò Machiavelli e Francesco Guicciardini. La presente opera denota altresì nell’autore un impulso marcato e intenso orientato alla ricerca dell’armonia nel momento in cui la rappresentazione si mostra come uno squarcio verso il Rinascimento ove coerenza, equilibrio simmetria e concordia competono nel dare risalto alle linee espressive del dipinto quasi a indurre empaticamente l’osservatore a una serenità interiore finalizzata a una quiete spirituale.
FIRENZE
Discorso a parte, ma con la medesima prospettiva, meritano i dipinti “GEOMETRIA SACRA”, “SIMBOLOGIA SACRA” e “EQUITA’ ”, non foss’altro per la figura dominante del triangolo che lascia spazio a un a trattazione interpretativa che sconfina innegabilmente nell’esoterismo.
GEOMETRIA SACRA SIMBOLOGIA SACRA EQUITA’
In effetti il triangolo occupa una posizione privilegiata nella simbologia esoterica, i tre lati e i tre punti ove essi si incontrano non sono altro che l’origine di qualsiasi evoluzione e il completamento di tutto ciò che è stato generato. Nei dipinti si può osservare la figura geometrica in tutte le sue manifestazioni; il triangolo equilatero in tutte le dottrine tradizionali è l’elemento divino generatore di equilibrio, simmetria e coerenza, che assume un significato diverso a seconda dell’insegnamento.
Nel Cristianesimo è il simbolo della trinità divina, nella tradizione orientale è l’elemento diversificatore maschile-femminile a seconda se il vertice è rivolto verso l’alto (maschile) o verso il basso (femminile). Si può estendere il significato anche alla simbologia massonica, il trittico degli elementi è la trasposizione iniziatica della mente, del corpo e dello spirito dell’adepto che intende mettersi in cammino nel viaggio verso la conoscenza.
E sempre nell’ottica esoterica il triangolo equilatero, a seconda di come viene disposto e in base alle linee che lo attraversano, diviene l’espressione dei quattro elementi: con il vertice in alto = fuoco; con una linea orizzontale che lo trapassa = aria; con il vertice in basso = acqua; con un tratto breve orizzontale = terra. Il punto più alto della simbologia del triangolo si trova nell’intersezione tra le due figure in forma equilatera che danno origine a una delle immagini esoteriche più importanti e studiate nelle dottrine tradizionali: il Sigillo di Salomone.
Proseguendo la dissertazione, si nota come l’occhio nella parte alta del triangolo funge da occhio di dio, l’uomo viene proiettato in una dimensione ascetica e sublime divenendo esso stesso divinità, in un’interpretazione tutta futuristica che traspone la fissità dello spirito in un movimento frenetico e vorticoso atto a stravolgere le convenzioni che vogliono la dimensione ultraterrena come qualcosa di immobile e contemplativo. La componente esoterica e filosofica fin qui trattata, viene ripercorsa da Guido Falconi attraverso la riproposizione delle figure, con gli elementi che fungono da barriera spazio-temporale tra chi vuole mettersi in cammino verso livelli di conoscenza superiori e si pone in condizione iniziatica e chi vuole rimanere nella condizione di profano. Osservando le opere si comprende che, al di là del mondo visibile, esiste una realtà, una dimensione sconosciuta alla maggior parte delle persone e tale rimarrà per quasi tutti, ma se c’è qualcuno che non si accomoda a questa visione grossolana e superficiale e crede di poter andare oltre, la porta è lì…..l’opera di Falconi vuole far capire, a chi ha orecchie per intendere, che si può essere o si può diventare qualcos’altro rispetto al banale senso comune dell’esistenza, il “link” è sotto gli occhi di tutti, basta “cliccarlo” e la porta verso la conoscenza si apre.
Lindo Arduini